Storia

Sul Carso goriziano, nell'area del Vallone per esempio, è stata rilevata la presenza umana già nella preistoria, nel mesozoico. Tracce di questa presenza sono state raccolte sul rilievo di Gradina, in alcune cavità del monte Brestovec, sulla Gorjupa kopa dove si può osservare un muro circolare lungo un chilometro, sulla quota 158, sulla quota 144 (Vrtače) tra Jamiano ed il lago e sul Flondar. Tutti i colli sono siti di antichi castellieri. Questa cultura preistorica comprende il periodo dall'età media del bronzo (1600 a. C.) fino all'età del ferro avanzato (700 a. C.). Più tardi (dal 3. e 2. secolo a. C.) il castelliere di Gradina fungeva anche da torre di guardia della linea difensiva romana Emona - Aquileia. I romani l'abbandonarono con le incursioni di Attila (452 d. C.). I castellieri, usati come rifugio da tribù di pastori e per le loro greggi, bisognose di grandi quantità d'acqua, furono abbandonati, perch� l'ambiente carsico non offriva sufficienti garanzie di sopravvivenza. Si suppone che le fortificazione siano state definitivamente abbandonate nel VII sec. d. C. Questi territori passarono al patriarcato di Aquileia che estese la propria influenza anche sulle terre del Vallone e per alcuni secoli fu Cividale la capitale locale del dominio dei Longobardi.

Nel VII sec. d. C. il Carso iniziò a popolarsi con la prima immigrazione di protosloveni. Pare abbastanza logico pensare che all'inizio gli sloveni si siano insediati nelle località fortificate degli antichi castellieri. Verso la fine dell'anno 1000 d. C. gli abitanti dei castellieri presumibilmente iniziarono ad insediarsi più in basso, nelle località dove ancora oggi sorgono Doberdò del Lago e Jamiano.
La località di Doberdò del Lago venne per la prima volta menzionata con il nome di "Dobradan" in un documento del 1179, mentre Jamiano, con il nome di "Jamloch" nel 1297. L'esistenza di alcune località nel Vallone trova testimonianza scritta alcuni secoli più tardi. Dai documenti risultano i nuclei più antichi Visintini (1494), Micoli (1578), Berne (circa 1580), Ferletti (1578), Bonetti (1637), Devetachi (1718), Palchisce (1776) ed infine Isciari (1814). La prima testimonianza scritta dell'esistenza di una comunità istituzionalizzata (la slovena �upa) riguardante Doberdò è del 1524. Fu in quell'epoca che il Vallone divenne il sito di una importante strada commerciale che fungeva da connessione tra il territorio di Trieste ed il retroterra austriaco e lungo la quale venne istituita una stazione nella località Micoli. Più tardi il Vallone e Jamiano passarono ai conti di Duino, ma Doberdò soltanto in parte. Mentre giuridicamente apparteneva ai conti di Gorizia, per la Chiesa faceva parte fino al 1751 del patriarcato e successivamente dell'arcidiocesi di Gorizia. Dopo l'istituzione delle Province illiriche il territorio insieme all'abitato di Merna fece parte del cantone di Gorizia e parzialmente di Duino. Negli anni 1811-1825 fece parte della Provincia d'Istria, poi di quella di Gorizia e dal 1923 al 1947 della Provincia di Trieste.
Durante la prima guerra mondiale tutti gli abitati furono quasi completamente distrutti tranne il Vallone che si trovava nelle immediate retrovie del fronte, ma al riparo dall'artiglieria. Attraverso l'Altipiano di Doberdò scorreva la linea del fronte e su di essa si combatteva atrocemente nell'ambito del cos+ detto Fronte dell'Isonzo tra l'Italia e l'Austria: fino al 10 agosto 1916 sul bordo occidentale e poi fino a maggio del 1917 su quello orientale quando l'esercito italiano occupò Jamiano. La documentazione fotografica ci mostra nel Vallone un'interminabile susseguirsi di baracche con ospedali da campo, magazzini, punti di ristoro e cimiteri. Molti resti di quegli eventi si trovano nei dintorni di Bonetti e Ferletti. Sulla collina di fronte alla chiesetta di Palchisce si trovano molte trincee ancora ben conservate e sul rilievo Brestovi le postazioni di artiglieria che rimangono a testimonianza del primo conflitto mondiale. Inoltre sulla vecchia strada postale poco prima di arrivare a Palchisce ci sono i resti di un vecchio monumento eretto dagli Austro-ungarici.
Doberdò del Lago diventò Comune autonomo nel 1850 ed è l'unico Comune completamente carsico nel Goriziano, ma il Vallone fu allora incluso nel Comune di Opatje selo (ora in Slovenia). Nel 1947 fu aggiunto il paese di Jamiano e nel 1951 anche il Vallone che fino allora faceva parte del Comune di Sagrado. Oltre al capoluogo ci sono attualmente altre undici frazioni con non più di 650 abitanti: Jamiano, Marcottini, Micoli, Berne, Ferletti, Bonetti, Devetachi, Palchisce, Issari, Visintini e Sablici.

Dopo la prima guerra mondiale l'Italia fascista cancellò tutti i segnali della presenza slovena e vietò l'uso della lingua slovena in pubblico. Alla politica snazionalizzatrice gli abitanti si opposero con varie attività culturali e durante il secondo conflitto mondiale anche con la resistenza armata. Nella seconda metà del 1941 si costituí anche nel Goriziano il movimento dell'Osvobodilna fronta (Fronte di Liberazione) e verso la fine del 1942 si sviluppò il movimento partigiano. Questo territorio fu liberato nel 1945 dalla Gradnikova brigada dell'Esercito di liberazione nazionale jugoslavo. I monumenti a Doberdò del Lago in prossimità della scuola, a Jamiano e nel Vallone e le lapidi nel capoluogo e a Marcottini ricordano la Resistenza e i caduti del luogo.
Nel 1992 l'Amministrazione comunale ha inserito nello Statuto la possibilità di usare anche la lingua slovena nei rapporti con i cittadini, nella toponomastica e sulle tabelle pubbliche. Il Comune è gemellato con Prvačina nella valle del Vipacco e con il Comune di Bled in Slovenia.
Nel 1910 il numero delle case sul territorio comunale ammontava a 143, ora ce ne sono 550. Nel censimento del 1981 il numero degli abitanti era di 1.417 unità in 461 abitazioni, dieci anni più tardi invece i 1.422 abitanti erano distribuiti in 501 famiglie residenti in 500 abitazioni. Il numero medio delle persone per vano era di 0,6 unità. Nel 2001 gli abitanti residenti nel Comune erano 1.410.

L'altipiano di Doberdò, in quanto territorio carsico, è soggetto essenzialmente alle stesse modificazioni delle altre regioni carsiche di qua e di là del confine, ma con alcune caratteristiche specifiche. Innanzitutto, nel dopoguerra, sono sempre più avvertibili le conseguenze dovute alle nuove linee di confine tra gli Stati e quelle imputabili alla suddivisione politico amministrativa del territorio carsico da parte dello Stato italiano.
Un carattere specifico dell'Altipiano e del comune di Doberdò è costituito dalla presenza di un certo numero di piccoli insediamenti e di casali lungo il Vallone, mentre nel resto del territorio lo sviluppo demografico appare normale. Un'altra caratteristica è rappresentata dalla crescente concentrazione nel capoluogo della maggior parte dei residenti e delle loro attività principali.

Per quanto riguarda il movimento demografico del dopoguerra possiamo distinguere tre periodi. Un periodo di rapido decremento della popolazione (1953-63), un periodo di stagnazione demografica (1964-76) e un periodo di leggera crescita dopo il 1976, dovuta a un saldo migratorio positivo.
Nel processo evolutivo delle strutture abitative e dei centri abitati, possiamo distinguere tre periodi: il primo (1951-61) appare caratterizzato dalla semplice restaurazione delle abitazioni, il secondo (1961-71) dalla modernizzazione delle case già esistenti, il terzo (1971-81) dalla costruzione di case nuove. Alcune di esse conservano i portali in pietra, i vecchi pozzi e altri elementi di dettaglio, quali scoli dell'acqua e vasche in pietra.

La funzione odierna dell'Altipiano di Doberdò si situa in un momento di transizione dalle vecchie alle nuove forme dei rapporti che lo legano con il territorio circostante. La sua antica funzione di via di transito e di traffico non ha assunto per ora un grande rilievo, ma diventerà sempre più importante a causa dello sviluppo urbanistico del territorio, dei sempre più rapidi mutamenti della struttura sociale della popolazione, della fisionomia e della funzione dei centri abitati e in seguito alla valorizzazione dell'ambiente naturale.